L'inverno di un tempo era molto più freddo di quello attuale. La neve, che cadeva anche per giorni, ricopriva silenziosamente con la sua bianca coltre le case, i tetti, gli alberi e la campagna. Le persone rimanevano in casa e gli animali nei loro rifugi. Per i bambini la neve era portatrice di gioia. Quando i primi fiocchi iniziavano a scendere dal cielo uscivano e si divertivano a rincorrerli, a tenerli stretti fra le mani finché si scioglievano oppure li guardavano, incantati dalla finestra. Le donne, si affrettavano a recarsi "a bottega" per comperare i generi di prima necessità nel caso la neve avesse imposto, con una precipitazione abbondante e il conseguente ghiaccio, il blocco e il fermo delle attività quotidiane. Comperavano lo zucchero, il caffè e la farina.
Gli uomini spalando delineavano degli stretti sentieri che conducevano all'orto o al pollaio. Nell'orto affinché si potesse andare a raccogliere il sedano, il prezzemolo oppure i radicchi già coperti anzitempo con le piante di granoturco secche; nel pollaio per portare agli animali, solitamente le galline, dei pastoni caldi.
Al giorno seguente, quando di neve solitamente ne era caduta tanta, i ragazzi al ritorno dalla scuola, dopo aver pranzato, andavano a giocare con essa spensierati e felici.
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Il primo gioco era quello di formare delle palle e gettarsele addosso incuranti degli abiti che si inzuppavano e della madre che gli ammoniva di non bagnarsi perchè non disponevano del cambio della biancheria. In un secondo momento iniziavano un gioco più laborioso: la costruzione del pagliaccio di neve. Disegnavano sul terreno un cerchio che raffigurava la base del pupazzo e da questo partivano per la costruzione portando palle di neve che accatastavano l'una sull'altra sagomandole affinché prendessero forma di un cono. Fatto questo costruivano la testa. Sagomavano una palla e la facevano roteare sul terreno in modo che aumentasse di volume. Ne veniva una palla di un peso considerevole. Tutti assieme la sollevavano e la ponevano sopra il "cono". La fase successiva era quella di vestire il pupazzo.
Un ragazzo cercava in casa un vecchio cappello oppure un vecchio berretto e lo metteva sopra il pagliaccio. Un altro si faceva dare una vecchia sciarpa e gli avvolgeva il collo. Un altro ancora scavando nell'orto recuperava una carota oppure se questo non era possibile prendeva un ramo secco e lo metteva come naso. Il pagliaccio di neve occupava molto tempo, solitamente veniva terminato a pomeriggio inoltrato, quando oramai il sole spegneva la sua luce per invitare i ragazzi al rientro nelle loro abitazioni. Il giorno successivo il pagliaccio era ancora lì per regalare a tutti i passanti attimi di spensieratezza che seppur passeggeri e volativi donavano all'animo un respiro di gioia.