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Val Lione: a Grancona viene raccontata la storia di un mulino e della civiltà contadina.

 

Grancona da qualche mese, febbraio 2017, non è più comune a sé ma frazione appartenente al comune di Val Lione.
Grancona si trova nella parte nella parte occidentale dei Colli Berici.
La bellezza di questo paese sono i suoi vigneti, i campi coltivati a granoturco e frumento, le case riunite in piccoli borghi.
Tutto è ben coltivato, curato e sistemato: impronta di un lavoro continuo che l’uomo dedica alla sua terra e al suo sostentamento.
I due poli turistici del paese sono: il mulino e il museo della civiltà contadina.

Il mulino è chiamato Mulino Tessari ed è tutt’ora in attività con le sue due macine di pietra.
La caratteristica di questo è che la sua struttura è ancora quella di qualche secolo fa.

Il Museo della civiltà contadina, secondo me, è il secondo fiore all’occhiello di Grancona.
Occupa una superficie di quasi 3000 metri quadri.
La costruzione è stata realizzata grazie alla tenacia e alla fermezza del suo proprietario, il signor Carlo.
Arrivata al museo il signor Carlo, ben volentieri si offre da cicerone nell'accompagnarmi per le varie sale.
In esse è rappresento lo snodarsi della vita di un tempo, gli oggetti in uso che forniscono una chiave di lettura e le professioni del tempo di allora.
Uno dei primi lavori raffigurati è quello del mugnaio.
Nella stanza si trova un mulino alimentato ad acqua. La sua pietra, mi racconta il signor Carlo, è stata trasportata molti anni or sono, (cinquanta) dalla Francia per la sua qualità e robustezza. A differenza di altre che si trovano in zona questa non si sgretola con il trascorrere del tempo.

Oltre al lavoro del mugnaio ne sono rappresentati molti altri. C'è quello del calzolaio, del falegname, dello scalpellino, del maniscalco. Osservando gli attrezzi che allora questi uomini adoperavano mi sembra di rievocare una realtà lontana secoli da adesso.. Il falegname ad esempio si serviva di squadre, righelli, torni a mano, compassi; il sarto di macchine da cucire manuali. il maestro di una lavagna con solo gessetti bianchi. In realtà la differenza fra allora è solo di una trentina d'anni, … quanto progresso!

Il signor Carlo mi racconta che nel periodo 1920-1950 la legislazione scolastica era molto diversa da quella attuale. Ci si recava a scuola fino alla terza elementare poi i ragazzi e le ragazze dovevano essere d'aiuto nelle famiglie nelle varie mansioni. Il ragazzo doveva aiutare il padre nei lavori dei campi oppure nella sua bottega e la ragazza aiutava la madre nei vari lavori di casa o nell'orto.
 Le classi erano molto numerose, circa 30 alunni. Il libro era solo uno, i quaderni solitamente due, uno a quadri e uno a righe. Per scrivere si usava il pennino intinto nell'inchiostro del calamaio. Molte erano le volte che una macchia accidentale sporcava quaderno e banco.
Il riscaldamento era con una stufa dove gli alunni a turno inserivano la legna per scaldarsi.
Chi riusciva a frequentare la classe quinta era tenuto molto in riguardo.
… con il passare del tempo molte cose sono cambiate ed oggi, per fortuna, l'ultima classe terminale è la quinta di un Istituto superiore.

Camminando nelle varie stanze, attira la mia attenzione la rappresentazione di una camera da letto di un tempo. Mi viene raccontato che allora la rete era costituita da una tavola appoggiata su delle assi. Sopra a questa veniva messo un materasso fatto con le bratte del granoturco. Anche i cuscini erano confezionati allo stesso modo. Questo fino al 1950 circa.
Le lenzuola non erano di cotone liscio come quelle di adesso. Erano filate a mano ed erano molto ruvide. Le tocco, mi sembra impossibile che un tempo si riuscisse a rilassare le membra su tanta ruvidità.
I comodini erano alti e al loro interno veniva riposto il vaso da notte in caso di necessità. La culla nella camera degli sposi non mancava mai. La donna allora partoriva da dieci a più figli.
Era usanza, da parte dello sposo, sperare che il primogenito fosse maschio per il continuum del nome.
La sposa altresì sperava che fosse femmina. C'era anche il detto che avvalorava questo: "beata quea sposa che per prima a ga na fioa" – fortunata quella donna che come primo figlio ha una femmina – . Questo perché l'avrebbe aiutata nelle faccende domestiche. I neonati allora per un periodo di sette – otto mesi venivano avvolti di fasce dalle ascelle fino alle caviglie affinché lo sviluppo dei loro arti fosse retto. La donna dal momento del parto per un periodo di quaranta giorni non doveva farsi il bagno altrimenti si pensava perdesse il latte.
Nella camera non mancavano mai le acquasantiere appese ai bordi del letto. Esse costituivano un collegamento con il mondo celeste. Con quest 'acqua le persone si facevano il segno della croce alla mattina appena alzati e alla sera prima di coricarsi in segno di intercessione e ringraziamento.

Un'altra stanza importante nella vita di allora era la cucina. La pentola allora maggiormente usata era il paiolo. Con questa si cucinava la polenta per la famiglia e per gli animali oltre ai minestroni. C'era anche la caffettiera ma questa veniva usata solo nelle occasioni importanti come la visita di parenti o nelle ricorrenze.
Il caffé , quello quotidiano, lo si faceva su un normale pentolino usando non il caffé, il cui costo era proibitivo se consumato tutti i giorni, ma radici di cicoria oppure orzo.

Molte altre sono le sale e le curiosità rappresentate e interessanti, vestigia del nostro passato e dinamo per il nostro futuro.
Occupare qualche ora del nostro tempo per una passeggiata in questo museo rappresenta il rivedere
la storia reale di chi ci ha preceduto.

 

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