PIC NIC

Considerato il caldo di questi giorni, la temperatura è sui 35 gradi all’ombra, e l’umidità che dà l’impressione di essere la sovrana del periodo, è sui 50 ma se ne avvertono 90, ho pensato di recarmi in montagna per rinfrescarmi sia il corpo che lo spirito, almeno per una cena serale. Di più il lavoro, fortunatamente non mi permette, per cui va benissimo così.
Mi reco in una area attrezzata dell’Altopiano di Asiago e precisamente nell’area pic-nic di Costa Buda.
Qui ci sono tavoli e barbecue.
Arrivata e scesa dall’auto già si respira un’aria diversa, intanto è fresca e gli abeti che fanno da scenario offrono alla vista sia un bel panorama che un senso di pace e di rigenerazione.
Vederli stagliarsi verso il cielo, con il quale da millenni conservano un legame profondo, seppur nel loro contrasto e nella loro dualità di colori, uno è verde, l’altro blu, custodi di memorie, protettori degli animali del bosco, mi riempie di ammirazione e rispetto per loro e l’ambiente circostante.
In questo spazio di montagna  si vive la maestosità del semplice, il lavoro della natura che un giorno dopo un altro ancora tesse la quotidianità.
Mi prendo il mio cesto da pic-nic preparato appositamente e mi dirigo al tavolo.
Metto sopra questo una tovaglia di carta e poi inizio la preparazione della cena.
Ho preparato piatti semplici: un tagliere di formaggio e dei pomodori comperati anzitempo dal produttore, marinati con olio di oliva e spezie del periodo.
Le spezie sono: prezzemolo, basilico, qualche fogliolina di menta.
Il tagliere ha i formaggi tipici della zona nord del Veneto: asiago e bastardo.
Il vino questa volta è escluso per ovvi motivi. Viene sopperito da una bevanda a base di fiori di sambuco che ha sempre il frizzantino ma non e assolutamente alcolica perché fatta con acqua.
Mi sembra strano mangiare senza sudare, e credetemi, già questa è una conquista.
Mi si potrebbe obiettare e dire: “Ma non ha il condizionatore a casa?”
Risposta: “Si che ce l’ho ma se da un lato i costi per il suo funzionamento al giorno di adesso si sa come sono, dall’altro non si può averlo acceso ventiquattro ore al giorno, non penso questo sia il massimo”.
E così, fra l’assaporare il cibo e il luogo, fra un dialogo e un altro, gli abeti iniziano ad allungare la loro ombra sul suolo. Cercano di ricordarmi il sopraggiungere della sera durante la quale loro ascoltano con la loro chioma i racconti di segreti e storie del giorno appena trascorso dalle stelle del cielo.
 

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