Secondo un calendario prestabilito, nelle città del Veneto e in molte altre città d’Italia, nelle piazze ci sono i mercatini dell’antiquariato.
Quando questi commercianti arrivano con le loro bancarelle la piazza si anima, la gente inizia ad arrivare, a passeggiare per cercar di trovare qualcosa di inconsueto, qualcosa di introvabile, per vedere, per osservare oggetti di altri tempi.
In questi banchetti viene venduto tutto quello che si po' immaginare e non immaginare di vintage.
Il più delle volte sono oggetti dimenticati in soffitta oppure di qualche persona che ne ha dismesso l’uso.
Ecco che si trovano vecchie lampade, datate anche di qualche secolo fa, dove il tempo ha sigillato le particolari forme che si usavano allora.
Alcune hanno il cilindro in ferro lavorato oppure in legno intarsiato, il paralume può avere ricami o lo stemma del casato, simbolo di nobiltà, a cui apparteneva il proprietario.
Denotano la mia attenzione le acquasantiere. Queste oramai sono un cimelio, una vera e dimenticata memoria del passato.
Nel tempo di allora, prima di andare a letto e alla mattina appena alzati, ci si faceva il segno della croce usando l’acqua dell’ampollina concava. Era un’acqua benedetta e il suo uso era quello di collegamento al divino e richiesta di aiuto durante la giornata.
Ora questi comportamenti rimangono tradizioni perché oggi, in linea di massima, non si ricorre più a questi atti simbolici. Il cartellino da timbrare, i bimbi da accompagnare alla scuola, il traffico caotico hanno contribuito a cancellare questi comportamenti.
Proseguendo la passeggiata m’imbatto in una vecchia slitta. A mio avviso è arrivata qui nel Veneto seguendo chissà quale tratta perché le sue forme ricordano i paesi scandinavi.
E’ caratteristica e farebbe la sua figura posizionata in bella mostra in un portico di una casa in montagna in quanto richiamerebbe il paesaggio ovattato di neve tipico dell’inverno e dalla zona da cui essa, molto probabilmente, proviene.
Un espositore mette in bella mostra il suo vasellame. Ci sono piatti di maiolica, ci sono scodelle in porcellana, ci sono contenitori per ogni spezia possibile che possa servire in cucina.
E’ materiale tutto intatto, nessuna sbeccatura, colori ancora vividi. Il materiale sembra appena uscito da una scatola. Sono pezzi di un certo valore, forse, visto le forme, saranno stati in uso, in occasioni particolari, in qualche nobile casata oppure esposti come pezzi di valore in qualche cristalliera.
In un’altra bancarella, un po' più in là, su di un tavolino, ben esposte, ci sono collezioni di monete.
Ci sono le monete in uso attuale, soprattutto euro, che provengono dai paesi aderenti alla comunità europea e il cui valore, se vengono acquistate, è maggiore di quello raffigurato.
Ci sono poi monete di altri Stati soprattutto inglesi e americani.
In un raccoglitore fanno bella mostra le nostre monete in metallo prima dell’euro. Chiedo e mi viene concesso, il permesso di sfogliarle. Vedo i centesimi usati nel periodo della prima metà del 1900, le vecchie cinque lire, le dieci lire, le cinquanta lire. Quanti ricordi. Con la paghetta che mi prendevo alla domenica andavo a comperarmi le caramelle golia o qualche penna bic o delle matite colorate perché, piacendomi disegnare, le consumavo in fretta.
Raccolte in un quadro ci sono delle monete di carta. Ci sono le classiche mille lire, le diecimila, le cento mila lire, simbolo dell’economia di quel periodo: economia centrata come ora sul lavoro e sulla nobiltà di esso, indipendentemente da qualunque sia, perché ogni lavoro è importante e insostituibile per la società.