Al mattino, quando mi reco dal panettiere per acquistare il pane, non presto attenzione all'importanza di quanto ripongo nella mia borsa. Ho la pagnotta e ne sono felice. Il più delle volte mi dimentico anche di ringraziare il creato per avermi permesso di acquistarla. E' un gesto oramai di routine: vado dal panettiere o al supermercato, scelgo il tipo di pane che più mi piace, lo pago e lo mangio.
Il progresso tecnologico … poi … mi ha abituato all'agiatezza. Posso avere il pane fresco e croccante anche alla domenica ... vero lusso!
Un tempo, secondo il mio modo di vedere, il filo conduttore fra il cibo, la terra che permetteva la produzione e il lavoro dell'uomo, era più profondo. Si avvertiva il legame, il senso di appartenenza e forse anche il mistero che avvolgeva il tutto.
Oggi, giornata domenicale e invernale, voglio ritornare, almeno immaginativamente, indietro nel tempo.
Vado a visitare un mulino e precisamente vado a Mossano, un paese in provincia di Vicenza. Mossano è un paese incastonato nel mezzo di colline, molto curato, con campi dai lunghi e ben tenuti filari di vite e coltivazioni di olivi anche in terrazzamento.
Dalla piazza, seguendo l'indicazione mi avvio per il sentiero che conduce al Mulino. E' un sentiero ombroso e ai suoi lati crescono molte varietà di piante selvatiche. E' leggermente anche un po' ripido per me, abituata ad una vita sedentaria..., sento il canto dell'acqua, ancora qualche passo... sono arrivata. La costruzione che mi si presenta allo sguardo è maestosa. C'è una grande casa affiancata ad altre. Dalle mura di questa fuoriesce l'asse per la grande ruota che va a sfiorare il letto del ruscello. L'acqua scorrendo, origina così una forza sulle sue pale che permette loro di muoversi con moto rotatorio.
L'asse della ruota è collegata ad un ingranaggio, che si trova all'interno della casa, il quale a sua volta è collegato alla macina, un grande disco di pietra. Questa girando dà luogo alla macinazione. Immagino i contadini di un tempo che portavano i loro sacchi di frumento a macinare, la loro contentezza quando, dopo averlo macinato, lo vedevano trasformato in farina con la quale le loro donne potevano preparare il pane e sfamare così la famiglia.
Mi guardo attorno.
Qui si respira il tempo agreste di allora.
C'è silenzio, una natura incontaminata, la bellezza di squarci particolari. L'anima e il corpo non possono che ritemprarsi e respirare anche loro la freschezza dello scenario.