Una volta all’anno, in onore del Santo Patrono, viene svolta in paese la sagra patronale.
Solitamente viene fatta nel piazzale della chiesa e nello spazio attiguo.
Durante i festeggiamenti, fra le molteplici attrattive come le giostre, il pranzo fra i compaesani al mezzogiorno della domenica, le danze con il gruppo musicale c’è quello del gioco della cuccagna.
Sembra che il suddetto sia di origine celtica.
I celti erano popolo che abitava la Bretagna, terra conquistata dal grande Giulio Cesare.
Sembra che questo popolo un bel giorno sia arrivato in territorio veneto. Gli abitanti di questa regione hanno cercato di instaurare con questo popolo dei buoni rapporti sia a livello di integrazione territoriale che del modo di vivere.
Da entrambi c’è stato così un arricchimento sia nella sfera dei commerci, del modo di rapportarsi che culinaria.
Si narra che all’epoca i celti con tale rito cercassero di ingraziarsi e ringraziare gli dei per i doni che essi elargivano.
Svolgevano tale festa all’inizio della primavera con danze e suoni di strumenti musicali.
Festeggiavano attorno ad un albero, addobbato a sua volta di nastri, come segno della prosperità che l’albero porta in sé.
Si pensi all’ombra che esso regala in estate e ai suoi frutti che cibano sia l’uomo che l’animale, alle sue foglie che una volta cadute servivano come letto per gli animali.
L’albero rappresentava anche l’elevazione dell’uomo al suo Dio.
Con il passare del tempo questo rituale ha cambiato espressività.
Dal festeggiare con canti e danze attorno ad un albero si è passati ad arrampicarsi su di un palo di un albero.
Il perché di questo cambio di usanza non lo so. Posso azzardare delle ipotesi ma sono solo delle ipotesi mie.
Può essere stato dovuto all’allontanarsi delle persone dal concetto di albero oppure all’industrializzazione.
Nel mezzo della piazza parrocchiale viene collocato un palo di legno della lunghezza dai sei ai dieci metri.
Il palo viene inserito in un apposito foro scavato nel terreno della piazza, sigillato durante l’anno con un tombino e prima riempito di sabbia.
Solitamente fra le parrocchie dei paesi limitrofi lo ci si impresta anche perché le sagre si svolgono in tempi diversi fra una Parrocchia e l’altra.
Nel periodo di inattività viene riposto al coperto per preservarlo dall’usura delle intemperie.
Prima di issarlo, sulla sua sommità viene issata una ruota di legno.
Sui suoi raggi vengono legati dei generi alimentari, come salumi, forme di formaggio, focacce e tutto quanto gli organizzatori sono riusciti ad avere dai compaesani compiacenti.
Le regole del gioco sono solitamente queste:
1 – vi partecipano i ragazzi che nell’anno sono diventati maggiorenni
2 – concorrono solo i ragazzi del paese
3 – ci si deve arrampicare e raggiungere con questa modalità la cima.
4 – il “bottino” può essere strattonato dai raggi ma non essere tagliato. Non si può gettarlo pena
l’esclusione.
Solitamente i giovani del paese formano due squadre, vince quella che riesce a toccare la cima ed accaparrarsi il bottino.
AL giorno della gara il palo della cuccagna viene unto abbondantemente di olio o grassi.
Ai piedi di esso vengono posizionate delle palle di fieno per attutire un’eventuale caduta di qualche partecipante.
i partecipanti, solitamente, sono vestiti con vecchie tute, perché dopo l’arrampicata gli indumenti sono da buttare e puzzano di olio e di grasso.
Inizia il gioco il ragazzo più robusto perché sulle sue spalle salgono altri ragazzi per scalare il palo.
Non è inusuale che vicino alla possibilità di strappare il primo genere alimentare il concorrente allenti la presa facendo scivolare a sua volta tutti gli altri.
Il gioco dura sulle due ore.
Un tempo c’era l’usanza che i partecipanti alla fine del gioco, con i vestiti inzuppati di grasso, abbracciassero gli spettatori. Questi però se la davano a gambe per non insudiciare i loro vestiti della festa.
i prodotti venivano consumati alla sera stessa fra le due squadre come festeggiamento della vittoria.