Le nozze, adesso come allora, hanno sempre e sempre occuperanno, almeno me lo auguro, un posto d’onore in una famiglia.
Nel periodo storico del 1945 – 1955 i preparativi iniziavano molti mesi prima e all’evento partecipava tutto il paese.
In Veneto, come in molte parti d’Italia, il pranzo di nozze nelle famiglie contadine, veniva fatto in casa dello sposo.
Dopo questo la famiglia della sposa, nell‘arco del primo mese, doveva offrire un pranzo alla famiglia dello sposo.
Questa era l’usanza.
Questa tradizione prendeva il nome di “rebaltaia” e nessuna famiglia si sottraeva ad essa anzi ne era ben fiera e lusingata.
A questo pranzo partecipavano solo i compari di anello, i parenti stretti, cioè fratelli e sorelle e genitori.
Con la logica di adesso dove i componenti di una famiglia sono molto “ristretti” viene normale pensare ad un numero esiguo di persone.
Ci si sbaglia.
Se oggi il numero dei figli per famiglia è in una media di due, un tempo la media era sulla decina. Dieci fratelli o sorelle con i rispettivi coniugi e figli dalla parte della sposa, dieci fratelli o sorelle con rispettivi coniugi e figli da parte dello sposo, si aggiungano i genitori degli sposi, i compari di anello con qualche figlio anch'essi e … il numero dei commensali supera la cinquantina di persone.
In questo pranzo gli invitati non portavano regali agli sposi, ma dei “pensieri” ai padroni di casa consistenti il più delle volte in cibaria. Così si costumava.
Gli sposi non indossavano nessun vestito d’occasione ma abiti quotidiani o più precisamente gli abiti della festa.
Un tempo, infatti, si aveva un vestito che veniva indossato solo alla domenica e solitamente per andare alla messa. Terminata la funzione e una volta a casa esso veniva riposto subito nell’armadio per non essere sgualcito e servire per la domenica successiva.
Il periodo intercorrente fra gli anni 1945-1955 è il periodo del dopo guerra, la situazione economica è traballante, di conseguenza le spese erano oculate.
Il pranzo “dopo nozze” cioè la rebaltaia nel periodo invernale veniva svolto in cucina.
Nel tempo di allora le cucine erano molto spaziose; la loro metratura era sui dieci metri di lunghezza..
In estate sotto al portico.
La tavola era preparata con la migliore tovaglia che la donna di casa aveva. Solitamente era in cotone o canapa e ricamata a mano.
Venivano messi piatti bianchi e posateria in acciaio. Solitamente c’era un cucchiaio, una forchetta, un coltello per tutte le portate del pranzo.
Di bicchieri ce n’era uno per il vino e uno per l’acqua.
Non mancavano mai i fiori per abbellire.
In quei tempi nelle case i fiori abbondavano perché venivano piantati un po' ovunque per l’impollinazione.
C’erano nell’orto, nel giardino, lungo la riva dei ruscelli o fiumi, all’inizio delle piante di viti.
In questo pranzo solitamente mancava la torta, perché veniva considerata un lusso e riservata solo per il giorno delle nozze.
Il menù era composto da un antipasto con pane e salumi, minestra in brodo con tagliatelle all’uovo e abbondanti fegatini, gallina lessa con verdura, pollo in umido con polenta e patate fritte. A fine pranzo venivano serviti i formaggi.
Per la preparazione del pranzo serviva qualche giorno.
Le tagliatelle erano fatte a mano e fatte essiccare. Il pane, a quei tempi, veniva sempre fatto e cotto nel forno di casa. La verdura doveva essere raccolta, mondata e cotta.
Non mancava il buon vino e bevande a base di succo di limone e zucchero per i bambini.
Con il caffè venivano serviti dei biscotti
Anche questi venivano preparati in casa, i più tipici erano quello da inzuppo, i “saeti” e i “baiochi”.
Chi non voleva il caffè aveva il vino rosolio.
Immancabile per gli uomini la degustazione di un bicchierino di grappa.
Si terminava la festa con la fisarmonica e i canti.
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