A Cordignano, località “Lamar”, in provincia di Treviso, durante i primi due sabati e domeniche di luglio si svolge una rievocazione del lavoro dei carbonai. Il luogo dove si svolge è nel mezzo di un bosco e per raggiungerlo si deve percorrere una strada stretta ma molto panoramica costeggiata di alberi di roverella.
Parlare di carbone è parlare di storia di tanti anni fa.
Il carbone, in linea di massima, ora non rientra più nella realtà quotidiana delle persone. Per cucinare e riscaldarsi oggigiorno si usano il gas, il gasolio o il pellet; del carbone ci si ricorda quando ci si appresta a preparare una gustosa grigliata.
Un tempo, a differenza di adesso, esso era molto usato.
Quando ero piccola, alla sera prima di andare a letto, nella stufa veniva posizionato un “mattone” di carbone. Consumandosi lentamente, alla mattina quando ci si alzava c’erano ancora le braci e la temperatura della cucina, stanza molto usata nel periodo invernale, si manteneva sul tiepido.
Nelle zone del Veneto non ci sono giacimenti estrattivi per cui gli abitanti si sono avvalsi della legna per ricavarlo.
Una domanda può sorgere spontanea. “Ma se c’era la legna per quale motivo si impiegavano mezzi e tempo di lavoro per produrre il carbone?”.
Risposta. Alla legna occorre parecchio spazio per essere accatastata e deve essere collocata in un riparo altrimenti gli agenti atmosferici quali pioggia, umidità e neve la rendono inservibile.
Il carbone occupa uno spazio ridotto e la resa di calore e di tempo del riscaldamento sono molto superiori rispetto alla legna.
Il taglio della legna impiegata per essere trasformata in carbone deve rispettare certi parametri tecnici, quali la lunghezza e il diametro della pianta e le fasi lunari.
La luna deve essere in fase calante o luna nuova e da quello che so il sole dovrebbe essere nella costellazione della bilancia o dello scorpione.
I tipi di alberi che vengono usati per produrre carbone sono il leccio, il carpino e il rovere mentre il castagno e il pino non sono adatti perché non producono brace.
Dopo il taglio della legna si deve procedere alla costruzione della carbonaia avvalendosi di una tecnica laboriosa e qualificata. Devono essere rispettate certe regole per la sua costruzione altrimenti si rischia lo scivolamento della stessa o una bruciatura non ottimale con conseguente produzione di carbone di qualità scadente.
Subito deve essere fatto il camino per l’aerazione.
Questo si costruisce predisponendo due pezzi di legno posti parallelamente fra di loro. Su di essi vengono messi altri due pezzi di legna disposti a 90 gradi, su di questi altri due sempre a 90 gradi e avanti così finché si forma una raggiera. Il diametro di questa solitamente è sui dieci metri e la quantità di legna usata è sui trecento quintali.
A volte si ovvia con un tronco di un albero scavato al suo interno e reso così cavo. Attorno a questo vengono sistemati i legni sempre a raggiera.
Alla base della carbonaia vengono poste delle pietre che servono come prese d’aria. Anche sulle pareti vengono fatte delle aperture il cui uso è sempre correlato alla carbonizzazione ed areazione.
La carbonaia viene poi ricoperta con zolle di terra.
Essa deve essere continuamente monitorata per la combustione e per fermare un eventuale scivolamento.
Dopo l’accensione inizia il processo di combustione che dura in media una settimana.
Per far comprendere la quantità di legna occorrente per produrne del carbone mi avvalgo di questo esempio: con venti quintali di legna si producono sui quattro quintali di carbone.
Nel tempo in cui si praticava quest’arte gli uomini iniziavano il lavoro in inverno e lo terminavano verso il termine della primavera. Le condizioni di lavoro e di vita erano difficili, si consideri il freddo della stagione, gli sbalzi termici durante la notte e al fumo e alla polvere che respiravano. La loro casa era una capanna costruita con sassi e tronchi d’albero e con un arredo minimale. Il loro cibo era costituito da patate, formaggio, polenta ed erbe raccolte nel bosco.