A metà strada della statale fra Cittadella e Bassano del Grappa, precisamente a Rosà, si trova un bellissimo parco, sconosciuto alla maggioranza dei visitatori del Veneto e forse, mi si permetta di pensarlo, anche agli stessi veneti. Questo presumibilmente perché non è un parco che compare di frequente nelle guide.
Per raggiungerlo, a Rosà si prende per via Tocchi, c’è poi la segnaletica per il parco.
Si parcheggia vicino ad un boschetto fatto realizzare dal Comune tempo addietro per preservare delle specie arboree. Si procede verso ovest e al primo bivio si gira a sinistra.
Dopo qualche minuto di cammino, costeggiando una mura di sassi, sempre alla propria sinistra si vede un cancelletto dal quale si entra nel parco.
Il giardino è di libero accesso e aperto in tutti i mesi dell’anno dal martedì al sabato dalle ore 9 del mattino fino alle 18.00. Questi sono gli orari che ho letto. Logicamente prima di recarsi si deve avere la conferma attraverso i classici canali di informazione.
Lo scenario che mi si presenta mi riporta in un’altra epoca storica.
Mi sembra di essere alla seconda metà del 1800 quando i giardini erano un intercalarsi di viali, di piante, di ruscelli, di spazi aperti, di tempietti.
Lo spazio è molto ombroso e passeggiare in questo nel periodo afoso deve essere, mi correggo, anzi è, molto ristoratore.
In pianura padana, il clima in estate è caratterizzato da molta afa quindi trascorrere qualche ora passeggiando in questo angolo di natura è confortevole. Già immagino qualche timida folata di vento che accarezza la pelle del viso e che porta, seppur per istanti, un secondo di rilassatezza.
Le varietà di alberi che qui sono piantumati sono: aceri, palme, lauri, bambù, carpino bianco, castagni, mi sembra anche querce, cornioli. Ci sono poi delle piante di aspidistra che costeggiano a volte i vialetti. Tutti gli alberi sono stati piantumati dal proprietario, il signor Albino Mottes, che ho avuto la fortuna di incontrare a fine visita.
Il signor Mottes, un signore di quasi 90 anni, si contraddistingue fin da subito per la sua semplicità nel trattare con il prossimo, per il suo innato ingegno e la sua spontaneità. Racconta che segue con molta cura e passione il giardino e che ha iniziato a costruirlo o meglio abbozzarlo tanti anni fa, precisamente nel 1992, per lasciare un segno del suo passaggio e per raccontare la storia di allora. Il parco è anche un museo a cielo aperto.
Il parco è nato anche per un sogno che il signor Albino teneva nel cassetto. Egli, ci dice, che tanti anni fa era al servizio di una contessa, la quale aveva un grandissimo parco. La vista di tanta bellezza fece balenare nella sua mente l’idea di duplicarlo, seppur in piccolo. Il motto, il signor Albino sottolinea, che ha accompagnato sempre la sua vita è “volere è potere”; la sua perspicacia lo dimostra.
Racconta che ha imparato l’arte della costruzione quando era giovane. Ha iniziato nei vari cantieri come manovale poi come muratore specializzato. Ci dice con orgoglio che la casa dove abita l’ha costruita lui come pure quella dei figli.
Il parco ha una superfice di quasi seimila metri. Tutto è stato costruito dalle mani del signor Mottes, dai sentieri di acciottolato, al gazebo che a me sembra più un tempietto da quanto è bello. Questo, racconta il proprietario, è stato edificato da lui, mattone per mattone in un tempo di quattro anni. Al suo interno si trova un grande tavolo rotante e delle sedie, fatti sempre da lui.
C’è poi il laghetto dove dei cigli, precisamente due e dei germani sguazzano da una riva ad un'altra.
Il laghetto è sormontato da un ponte. Il manufatto è veramente un’opera d’arte. E’ costruito tutto in sasso.
Oltrepassato si arriva nel luogo dove ci sono gli attrezzi che servivano un tempo ai contadini. Sono esposti l’aratro in ferro senza ruote, un aratro del 1800, i solcatori sempre in ferro, le seminatrici, le falciatrici per l’erba, la pompa a spalla con la quale allora si facevano i trattamenti parassitari alle piante, il coaro, che oramai è quasi introvabile. Il coaro è un corno di bue, cavo all’interno, nel quale un tempo veniva messo al suo interno dell’acqua e la pietra pomice che serviva per affilare la falce.
Proseguendo per il vialetto si incontra il tempio di preghiera con una scultura rappresentante una “Madonetta” e una “Pietà”.
Più in là in una costruzione di bambù sono esposti strumenti musicali del passato, radio e televisioni storiche.
Il periodo in cui io sto visitando il parco è autunno inoltrato, le foglie sono disseminate un po' ovunque, l’aria è un po' fredda ed è prossimo all’orario di chiusura.
Ringrazio il signor Mottes per il suo racconto e con l’immagine di questo meraviglioso posto mi incammino verso la mia auto.